Anteprima Livornese al Cinema Teatro 4 Mori
“Alla sala cinematografica della mia vita”. È con queste parole che Paolo Virzì varca la sala gremita del Cinema Teatro 4 Mori, per l’anteprima livornese del suo ultimo film “Siccità”, presentato fuori concorso alla 79° edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
È emozionato Virzì, sia perché finalmente può godere della sua ultima opera accanto agli amici di una vita, sia perché teme molto il giudizio della sua città natale.


Roma, tre anni senza pioggia, un’armata di blatte portatrici di malattie combatte negli angoli della città e un Tevere arido si dirama fino all’orizzonte diventando colonna vertebrale di una tematica che accomuna tutti noi, quella del cambiamento climatico. In contraltare un coro di personaggi, tra i più importanti professionisti del cinema italiano (Valerio Mastandrea, Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Monica Bellucci, Tommaso Ragno, Elena Lietti, Max Tortora, Vinicio Marchioni e molti altri), vive le proprie storie, le proprie lotte quotidiane alimentate oltremodo da ciò che sta accadendo loro intorno.
Una regia zigzagante muove le fila di queste storie che vanno sempre più a intrecciarsi, sempre più a svelarsi nelle loro condizioni di impotenza. Come se non ci fosse differenza tra ricco e il povero di fronte all’assenza di acqua, come se questa assenza rafforzasse al tempo stesso questa marcata differenza.
Da un lato Jacolucci (Max Tortora) clochard a cui è stato tolto tutto tranne il cane e l’automobile, dall’altro il suo arrendevole avvocato Luca (Vinicio Marchioni) in crisi con la moglie Sara (Claudia Pandolfi) dottoressa a tempo pieno destinata a scoprire una nuova malattia. E ancora da un lato un Resort di Acque Termali accusato di rubare acqua potabile per i suoi affari e dall’altro il loro nuovo bodyguard, un ladruncolo da quattro soldi sposato con Giulia (Sara Serraiocco), infermiera alla prima gravidanza che aspetta il ritorno del padre Antonio (Silvio Orlando) che non vuole più lasciare il carcere di Rebibbia.
Ma vige anche il tema delle fake news; dei media che utilizzano ogni informazione a loro piacimento; degli influencer come Alfredo (Tommaso Ragno) che si sentono responsabili di dover lanciare il “messaggio giusto” ai loro follower.



Un caos di accadimenti quindi, come la musica LE CHAOS di Jean-Féry Rebel che apre il film grazie al direttore d’orchestra incarnato da Federico Maria Sardelli. Le musiche infatti si aggiudicano il Soundtrack Stars Award 2022 per la miglior colonna sonora tra i film della Mostra del Cinema di Venezia 79; ma non è solo questa a regalare al film un’atmosfera secca, densa e irrespirabile grazie alla fotografia di Luca Bigazzi: sono le azioni, come Mila (Elena Lietti) quando annaffia una pianta con la saliva; le immagini iconiche, come un uomo e una donna incinta che affrontano sul dorso di un mulo il letto vuoto del Tevere davanti agli occhi sorpresi di Antonio (Silvio Orlando); sono i dialoghi tra lo chauffer Loris (Valerio Mastandrea) e i suoi fantasmi che risvegliano quel senso di impotenza di fronte allo scorrere delle crisi di governo, economiche, climatiche, pandemiche.
Virzì gioca molto su questo e dopo due anni di chiusure e quindi difficoltosi per scrittura e riprese, riesce a farci comprendere il suo pensiero post pandemico, quasi pre apocalittico. Sembra identificarsi nel Professor Del Vecchio (Diego Ribon), lo specialista veneto che viene dal nord per spiegare le conseguenze della crisi climatica, che invece si trova invischiato nel mondo televisivo romano da cui spicca Valentina (Monica Bellucci), icona di bellezza, diva immortale, incarnazione dell’Italia intera e forse anche un po’ di madre natura, scelta da Virzì per porre la domanda fondamentale del film “Allora? Che futuro ci aspetta?”.
Ma il professore/regista imbarazzato e soggiogato da cotanta bellezza riesce a rispondere: “Sono solo un semplice tecnico”.

Noi pubblico restiamo in silenzio, fermi, rigidi di fronte a un film che tutto è tranne che un racconto distopico. Sembra che ognuno sia immerso fino ai capelli in ciò che sta guardando; ogni tanto una risata data dall’umorismo spontaneo di Orlando e Mastandrea, un commento, ma sempre con il riguardo di mantenere un silenzioso rispettoso in una preghiera collettiva.
Siamo fianco a fianco in questo cinema come non succedeva da diverso tempo, eppure è come se ognuno vivesse questo film ripercorrendo a ritroso i propri giorni del lockdown, le ansie e le paure legate a qualcosa di sconosciuto, di irraggiungibile nella sua soluzione.
Eppure potrebbe piovere
Titoli di Coda.











