VIRTUS ROMA: Visintin 5, Caversazio 9, Rodriguez 18, Conti 26, Radunic 11, Zoffoli, Fontanella, Valentini, Santiangeli 3, Ancellotti 6, Branchi, Siberna 6.
TOSCANA LEGNO PIELLE: Del Testa, Cepic 10, Bonacini 12, Hazners 18, Campori 3, Venucci, Leonzio 23, Klyuchnyk, Vedovato 8, Campori 3, Lucarelli.
di Giorgio Billeri
Ognuno ha una bestia nera, nella vita. Il capoufficio carogna, l’amico che ti frega le ragazze, quello che ti ruba il parcheggio ogni mattina. Per la Pielle quella bestia nera si chiama Virtus Roma. Dopo il più 40 dell’andata al Palamacchia, arriva un’altra sconfitta contro i capitolini, in un Palatiziano incendiato da un clima playoff. Senza Venucci, bloccato da uno stiramento, la Pielle ha subito per trenta minuti, andando sotto anche di 25 punti. Facendo presagire un’altra, durissima lezione. Poi, quell’ultimo quarto quasi perfetto, chiuso sul 26-12, che basta solo a contenere i danni e che porta con sé un mucchio di rimpianti: una fiammata utile per evitare una sconfitta rovinosa, non per artigliare i due punti. Partita quasi perfetta, per trenta minuti, quella dei capitolini, superiori in tutto: difesa, rimbalzi difensivi e offensivi, circolazione di palla perfetta, percentuali sontuose. Uno show perfetto orchestrato da Calvani, con Conti rebus irrisolvibile per la difesa di Campanella. Dall’altra parte scena muta, o quasi. Una Toscana Legno con la testa perennemente sott’acqua, incapace di arginare le ondate dei nipotini di Larry Wright: e in attacco, a parte le fiammate di puro talento di Leonzio e qualche giocata di Bonacini e Vedovato, soltanto confusione, tiri forzati, difficoltà.
Se non era uno spareggio, gli somigliava molto. Per i playoff, per il piazzamento finale, per dare la caccia al secondo posto di Montecatini. Insomma, sotto le gloriose volte del Palatiziano, davanti a 200 innamorati che hanno dedicato ancora una volta alla Pielle il dì di festa, non erano certamente 40 minuti banali. Anche, e forse soprattutto, perché la Toscana Legno doveva togliersi una spina acuminata dal cuore, quella torrenziale e umliante sconfitta di 42 punti all’andata, nel giorno più brutto della stagione. La Virtus Roma, dal quel giorno, ha cambiato guida tecnica, da Tonolli a Calvani, ha uno dei roster più profondi e completi del campionato, ma non ha mai spiccato il volo in maniera definitiva. E aspettava proprio la Pielle per dare una spallata alla sua stagione.
Partita durata tre minuti. Poi, il buio, un tunnel senza fine, Roma che vola e Livorno subisce, le idee annebbiate, la faccia smarrita. Al 15’ Roma è avanti di ventuno: 43-22, con i tifosi biancazzurri increduli, ammutoliti. La Pielle, toccato in fondo, cerca di risalire: con Cepic, con i gomiti, sporcando i tiri di Roma. Qualcosa la squadra di Campanella rosicchia all’intervallo lungo (51-36), e l’arrampicata resta ai limiti dell’impossibile. I biancazzurri soffrono le pene dell’inferno, non segnano mai e Roma, pur senza strafare, tocca anche i 25 punti di vantaggio,. E poi quell’ultimo quarto, dove Leonzio e Hazners bombardano da ogni dove: ma non basta. Alla fine è 84-74, sconfitta meritata, giusta ma non senza rimpianti. La Pielle ha pagato a carissimo prezzo la manifesta inferiorità a rimbalzo (35 a 21), le troppe palle gettate al vento, le percentuali dal campo (23/49). E soprattutto la serata da fantasma di Klyuchnyk, zero punti e solo quattro rimbalzi. Sconfitta che brucia, in ottica playoff, anche se le possibilità restano intatte. Ma occorre resettare, e subito.