Paolo Migone e Michele Crestacci, dopo una lunga pausa dalle scene data dall’evidente chiusura dei teatri e degli spazi evento, non si danno per vinti e decidono di partire alla ricerca del nulla e dittonghi.
Grazie alla stupefacente scenografia realizzata da Valerio Michelucci con mezzi di fortuna e oggetti di seconda mano, i due cabarettisti si ritrovano immersi in una realtà lontana anni luce che di vero ha soltanto il cibo liofilizzato gusto Cacciucco.
La nostalgia di casa si mescola perfettamente a una comicità nera che fa trapelare velatamente la malinconia del palco, del pubblico e della magia che solo uno spettacolo in presenza può regalare.
Ecco quindi che Paolo e Michele si tirano su le maniche delle bianche tute spaziali, vantano una collezione di caschi omologati per Plutone e partono per le più disparate rotte, tra un picnic su Urano e una sciata su Marte.
Il copione è quasi totalmente assente e l’improvvisazione dilazionata mette in salvo i boati di silenzio tipici della Galassia e anche del piccolo spazio teatro che ci ospita. Vederli in azione, supervisionati dall’occhio attento di Aldo Galeazzi, dentro una vera e propria astronave posizionata nella realtà di uno spazio nato per essere vissuto e per essere condiviso, ora totalmente silenzioso e vuoto se non per i vari attrezzi assurdi che Migone ama collezionare. Tra teste di Modigliani, quadri di gatti rugosi e manichini di ferro, si percepisce ancora l’amore per la performance, la voglia di tornare a far ridere e a ridere a pieni polmoni per raggiungere l’ultima fila della platea.
Paolo e Michele ci hanno provato e sono riusciti a rimettersi in gioco, con un esperimento di fuga certo, ma con la speranza di tornare al più presto sulla Terra per solcare nuovamente i nostri palchi.