Cerchiamo di fare chiarezza sul DPCM dell’11 marzo 2020, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza dell’epidemia da Covid-19
In questi giorni sono circolate molte fake news ed errate informazioni riguardo al decreto che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha emanato l’11 marzo 2020. Proviamo a fare chiarezza, spiegando quali sono le condotte vietate e quali sanzioni impone la legge.
Prima però ripetiamo che, al fine di tutelare la salute di tutti e rallentare il contagio, è essenziale evitare assembramenti e incontri. Quindi, il metodo migliore affinchè tutto ciò non accada è restare a casa, salvo necessità non rinviabili.
Quali regole impone il decreto?
Ad oggi, su tutto il territorio nazionale, valgono queste regole:
- evitare spostamenti non motivati da «comprovate esigenze lavorative» «situazioni di necessità» oppure «motivi di salute», attestabili da un’autodichiarazione, da esibire alle forze dell’ordine (o ai militari ad esse oggi equiparati);
- è fortemente consigliato a chi ha sintomi compatibili con il virus o la febbre oltre 37,5 ° C di restare presso il proprio domicilio e di limitare al massimo i contatti sociali;
- divieto assoluto di uscire di casa per chi è sottoposto alla misura della quarantena o ha contratto il virus;
- alcune attività, che comunque presuppongono la compresenza di più persone, sono chiuse o regolamentate.
Quali sanzioni seguono all’inadempienza di queste regole?
A questo riguardo, citiamo una nota elaborata a cura del Giudice Penale Valerio de Gioia e l’Avvocato Piergiorgio Assumma.
Le sanzioni che derivano dall’inadempienza delle regole sono tutte a carattere penale. Infatti, il mancato rispetto di uno qualunque degli obblighi descritti prevede la responsabilità del trasgressore ex art. 650 codice penale. Tale norma, rubricata “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, prevede, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato, l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro. E questa è la norma generale.
Ma ne esiste anche una specifica: se si dichiara il falso nell’autocertificazione, risulta integrato anche il reato ex art 483 codice penale. Cioè il reato di falso ideologico che punisce, con la pena fino a 2 anni di reclusione, la falsa attestazione a un pubblico ufficiale dei fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
E per chi cerca di “evadere” dalla quarantena?
La pena prevista nel caso di colposa diffusione dell’epidemia ex art.452 codice penale è la reclusione da uno a cinque anni.
Ben più grave è la responsabilità di coloro che volontariamente contagino altre persone: oltre al caso limite dell’art 438 codice penale, che punisce con l’ergastolo chiunque cagiona una epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, possono essere contestati i reati di cui all’art 575 codice penale (omicidio volontario) e all’art. 582 codice penale (lesioni personali) rispettivamente nel caso di morte o di malattia dei soggetti attinti dal morbo.
Come funziona?
Le sanzioni non possono essere decise, né determinate, né applicate direttamente dalle forze dell’ordine che controllano le strade in questi giorni. Ciò significa che, nel caso in cui la polizia dovesse contestare una violazione, ciò non comporterà un verbale che contiene già la sanzione, con la consegna di un “bollettino” per pagarla, come nel caso delle multe per divieto di sosta.
Infatti, i pubblici ufficiali dovranno trasmettere la notizia di reato alla Procura della Repubblica che iscriverà un procedimento a carico del presunto responsabile. La sanzione sarà determinata in un secondo momento da un giudice al termine di un processo, insieme all’eventuale condanna. Questo significa che sia l’ammenda che l’arresto resteranno sulla fedina penale.
La violazione delle disposizioni relative alle attività, commerciali e non, può implicare la sanzione amministrativa della chiusura dell’attività stessa per un periodo da 5 a 30 giorni. Questa sanzione potrà essere applicata dal Prefetto in base ad una procedura amministrativa accelerata prevista nei casi di urgenza, che può essere emessa anche senza contraddittorio. Il provvedimento potrà poi essere impugnato avanti al Tribunale ordinario.