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Home Attualità

Shoah: il racconto attraverso l’arte di Eva Fischer

Fabrizio Pucci di Fabrizio Pucci
27 Febbraio, 2025
Shoah: il racconto attraverso l’arte di Eva Fischer

Fino al 9 marzo ai Bottini dell’Olio

Sarà visitabile fino al 9 marzo nello spazio Lanterna del Polo Culturale Bottini dell’Olio la mostra “Eva Fischer, la speranza nei colori”. L’esposizione comprende 26 acqueforti e acquetinte dell’artista Eva Fischer (1920-2015) e le creazioni realizzate dagli studenti dell’Istituto comprensivo Bartolena nell’ambito del progetto “Arte e Shoah”.

Hanno partecipato al progetto circa 400 alunni di tutte le età: dai piccoli della Scuola dell’infanzia ai ragazzi della Secondaria di primo grado. L’allestimento è stato ideato dalle docenti di Arte e realizzato con il contributo degli studenti del Liceo F. Enriques. Il risultato è una armonica installazione artistica dove le 26 litografie dialogano con le creazioni degli studenti. Il percorso espositivo è integrato da contenuti multimediali esplicativi, realizzati dagli studenti stessi, ai quali è possibile accedere tramite qrcode. La mostra è stata accompagnata da un seminario proposto dall’Università di Firenze all’interno del Corso di Perfezionamento di Didattica della Shoah “Arte, cultura, resistenza memoria e attualità” (VI edizione) dedicato al ruolo dell’arte come strumento di memoria e riflessione interdisciplinare. Eva Fischer, figlia del rabbino capo di Belgrado, deportato nei campi di sterminio insieme a numerosi altri familiari, ha dedicato parte considerevole della sua produzione artistica alla Memoria, intesa anche come veicolo di consapevolezza e speranza.
 

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“Eva Fischer, la speranza nei colori”

Spazio Lanterna, Polo Culturale Bottini dell’Olio

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00

Ingresso Libero

NOTA BIOGRAFICA DELL’ARTISTA

Nata il 19 novembre 1920 a Daruvar (Ex Jugoslavia) la pittrice Eva Fischer ha sempre e solo fatto l’artista, ha conosciuto i grandi dell’epoca, ha vissuto ed è sopravvissuta grazie ai suoi colori.

La sua vita ha avuto tonalità chiare e scure, basti ricordare quando dopo la deportazione del padre per mano nazista è dovuta fuggire da Belgrado, per scegliere di consegnarsi sulle sponde adriatiche agli “italiani brava gente”, come lei ha sempre sostenuto; poi ha ottenuto il permesso di lasciare il campo di raccolta dell’Isola di Curzola per recarsi a Bologna, dove ha vissuto sotto falso nome e collaborato con i partigiani. Permesso richiesto per curare la madre malata ed acquisito grazie ai ritratti che aveva fatto ai soldati italiani.

A fine guerra scelse Roma come luogo dove ricostruire la propria vita e lì entrò a far parte della Scuola Romana del dopoguerra di cui è stata l’ultima rappresentante in vita. Si è allontanata sporadicamente dalla città per trascorrere un periodo a Parigi per continuare a parlare con l’amico Marc Chagall. Lo ha fatto anche recandosi a Madrid per confrontarsi nuovamente con Pablo Picasso e Salvador Dalì. Ad Eva piaceva scambiare opinioni, punti di vista che si inserirono nei cambiamenti della società dell’epoca, nella ricostruzione e nel miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta del ventesimo secolo. 

È stata protagonista della cultura per tutta la vita, nominata “artista europeo” decenni prima dell’attuale Unione Europea, poi Cavaliere della Repubblica dal Presidente Napolitano. Una vita colma di condivisioni con personalità politiche, economiche, artistiche e non solo.

È stata una figura importante del Novecento, ma anche dei primi anni del Duemila. Sulla tomba è incisa la sua frase ricorrente: “Non è arte se non crea emozioni”.

Emozioni a colori, dai suoi “Momenti capresi” ai “Muri”, dai “Mercati rionali romani” alle sue “Biciclette” stanche, innamorate, vecchie …”. Velocipedi, come vennero chiamate durante un’intervista di sessant’anni fa, che le diedero così tanta notorietà che quando il 9 maggio 1963 si sposò con il giornalista, artista, scrittore e poeta Alberto Baumann, il “Ciak – cinegiornale” (praticamente il telegiornale-rotocalco dell’epoca) portò al Campidoglio di Roma delle bici per gli sposini ed il seguito. L’ultima tematica delle “scuole di ballo”, forse per un desiderio ancestrale che dipinse dai suoi 65 anni in poi, la indusse a creare opere su tele particolarmente grandi (140×200 cm). I suoi momenti pittorici sono stati quella possibilità e desiderio irrefrenabile per suggellare quanto sentiva, vedeva ed immaginava, senza confini di tonalità, di immagini, di dimensioni.

Fabrizio Pucci

Fabrizio Pucci

Un giornalista livornese con oltre trent'anni di esperienza tra radio, TV e carta stampata. Oggi si dedica alla ricerca della qualità dell'informazione sui social network. Ama la sua città nonostante i suoi difetti e crede che il giornalismo non gridato possa fare la differenza. Ha fondato Urban Livorno nel 2016 con Simona Poggianti.

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