di Giorgio Billeri
PIELLE: Sinagra, Cavaliere, Campori 8, Cepic 4, Del Testa 8, Klyuchnyk 14, Lucarelli, Bonacini, Leonzio 10, Hazners 6, Venucci 17, Vedovato 6.
LATINA: Bechi 11, Caffaro 11, Pellizzari, Merletto, Paci 14, Ambrosetti 9, Rossi 12, Mennella 6, Baldasso 8, Guastamacchia, Giancarli.
C’è ancora domani. Come quello della Cortellesi, è un film che contiene tutta la stagione della Pielle. La paura, le difficoltà, il dramma, la redenzione, il lieto fine. Lietissimo: perdono Herons e Luiss, alla Toscana Legno basterà vincere a Chiusi per meritarsi i playoff. Vittoria spaccacuore, l’ennesima di questa stagione difficile, complicata, per certi versi maledetta, lastricata da tanta sfortuna ma anche da tanti errori. Latina, formazione impelagata nella lotta per la sopravvivenza, spaventa il Palamacchia, va avanti di 11 a sette minuti dalla fine. Poi, c’è ancora domani: la Pielle torna il Vallo atlantico, la squadra che difende alla morte, con la bava alla bocca. I laziali perdono quota, piano piano, i biancazzurri ci credono, e il pubblico con loro. La triplona di Maurizio Del Testa sancisce una vittoria incredibile, ogni ogni immaginazione: due punti che mettono il match point per i playoff sulla racchetta della squadra di Turchetto. Padrona del proprio domani.
Prima della palla a due la Pielle scarta l’uovo di Pasqua e trova sotto al cioccolato il regalone di Caserta, che batte in trasferta la Luiss Roma, rivale diretta per la post-season. Ci sarebbe da volare con gli stivali delle sette leghe, con tutto l’entusiasmo del mondo perché adesso l’accesso ai playoff diretti dipenderebbe solo dalla truppa di Turchetto: ma l’obbligo di vincere davanti ai duemila e passa innamorati del Palamacchia diventa peso, fardello, obbligo, pressione che ti schiaccia. La Pielle non è squadra che sa scrollarsi di dosso le responsabilità come briciole dal bavero della giacca: e si vede, subito. Latina ha la testa più leggera e gioca un basket etereo, brillante, creativo negli esterni pieni di talento. Costantino Bechi, uno che a Livorno da crisalide è diventato farfalla, arma le mani di velluto di Rossi, esiziale da tre punti e di Paci, pivottone d’altri tempi che conosce il Bignami del piede perno. Dall’altra parte, Turchetto chiede la voce grossa ai suoi centri, dopo la magra di Roseto, e la missione riesce finché Klyuchnyk, 11 punti nel primo tempo e Vedovato ricevono palloni puliti. Ma quando i laziali collassano sotto il tabellone, la Pielle ricade nelle vecchie omissioni, la manovra torna a farsi farraginosa, arrivano le consuete e sanguinose palle perse e troppe conclusioni forzate allo scadere dei 24 secondi, con Leonzio imprigionato da una difesa sempre al limite del codice penale e Venucci chiamato, in assenza di Bonacini, a recitare quel doppio ruolo in commedia che lo sfianca, povero ragazzo. Latina scappa via (22-28) e sul Palamacchia tornano ad allungarsi scomodissime ombre. Ma nel finale di primo tempo la Toscana Legno trova qualche barlume della vecchia, cara difesa, allunga la pressione, sporca i tiri avversari e all’intervallo il 37-37 prefigura una gara tutta da giocare, e da vivere.
La seconda parte si apre con la tripla di Klyuchnik, ma in quel momento arriva la sliding doors della partita. Venucci perde la palla del possibile più 5, e Latina, scampato il pericolo, prende la partita per il collo e non la molla più, con Baldasso che si veste da Oscar Schmidt da tre punti, Paci che dottoreggia da sotto, Guastamacchia che fa miracoli: Latina vola più 11, sembra il requiem. Venucci fa sussultare il Palamacchia con la tripla del meno sei (55-61), poi lo stesso sanvincezino mette il jump del meno due a 4’ dalla fine. Del Testa vede morire sul ferro la tripla del sorpasso a 2’20” dalla fine, Leonzio mette i liberi della parità a 1’50”. Duemila cuori in tumulto. Venucci sbaglia la tripla, Caffaro riporta avanti Latina. Tocca al capitano Campori mettere a tripla del sogno: 70-69. Bechi a 34” riporta i laziali con la testa avanti. La tensione si taglia con il coltello, adesso. Del Testa, il ghiaccio nelle vene, fa partire la parabola mancina dall’angolo: solo cotone. Latina sbaglia il tiro della staffa, ed è festa grande. C’è ancora domani.
Foto: Simona Marzi